Diciamo le cose come stanno: Carcharodontosaurus saharicus (Depéret & Savornin, 1925) è uno di quei teropodi che sono assai più famosi di quanto la completezza dei loro fossili giustificherebbe. L’olotipo (IPHG 1922 X46), rinvenuto da Stromer nella formazione Baharija dell’Egitto, era conosciuto per alcune ossa del cranio, femore, una fibula, parte del pube e dell’ileo e alcune vertebre. Perché “era”? Perché si trovava nello stesso muso tedesco in cui era conservato Spinosaurus, e come Spinosaurus è stato bombardato durante la seconda guerra mondiale. Dell’olotipo rimangono solo i disegni di Stromer. Nel 1996 Paul Sereno ha istituito un neotipo (UCRC PV12 = SGM-Din 1) sulla base di un cranio incompleto, e questo, assieme a denti sparsi e ad un pezzo di mandibola, è tutto ciò che abbiamo di Carcharodontosaurus. Non molto su cui imbastire una ricostruzione, eppure ci hanno provato in molti: per due volte Safari, e poi PNSO, il Dino Hazard in arrivo e questo GR Toys. GR Toys è un’azienda cinese che si è resa famosa lo scorso anno per essere stata la prima a proporre uno Spinosaurus che presentava la nuova morfologia della coda (da Ibrahim et al. 2019). Come Spinosaurus, anche per Carcharodontosaurus sono disponibili due varianti di colore: una verde/arancio e una blu. Andiamo a vedere come se l’è cavata GR Toys con questo enigmatico teropode.
La scienza non è fortunata con i Carcharodontosauridae. Gli unici due membri di questa famiglia a presentare un cranio quasi completo sono Concavenator e Acrocanthosaurus, mentre per gli altri bisogna ricorrere all’inferenza filogenetica (ossia, utilizzare come riferimento le specie più simili). Ad aggravare il problema c’è lo status di “taglie forti” tra i teropodi di questi animali, cosa che porta ad inevitabili esagerazioni: come è stato per Giganotosaurus, anche Carcharodontosaurus ha subito un allungamento del cranio al fine di farlo apparire più impressionante, e la ricostruzione che vediamo in molti musei presenta un premascellare (la punta del muso) “da Pinocchio”. Il tempo di rendersi conto di questo errore e correggere Carcharodontosaurus sulla base dei disegni di Sereno e dei suoi parenti che erano stati descritti nel frattampo, che una monografia sula formazione Kem Kem (Ibrahim et al. 2020) rivela che il cranio è assai meno completo di quanto il paleontologo statunitense avesse lasciato intendere dalle sue illustrazioni, e che i resti in nostro possesso possono essere riarrangiatati in modo da ottenere una conformazione più simile a quella di Giganotosaurus e Mapusaurus. Questo non significa che la ricostruzione di Sereno sia per forza sbagliata, ma in paleontologia bisogna prediligere l’approccio più conservativo, in attesa di nuovi dati.
Il cranio di GR Toys collima piuttosto bene con la versione “Sereno corretto” del cranio di Carcarodontosaurus. Pur non rappresentando la versione più recente, resta comunque una prova non da poco se si considera che il coetaneo PNSO, ad esempio, ha ancora il cranio “Pinocchio”. Sul muso dell’animale sono presenti grosse squame, probabilmente ispirate agli studi sui forami di Neovenator. Le creste nasali, lacrimali e postorbitali sono rinforzate da quella che sembra una copertura cheratinosa. Personalmente avrei insistito con la cheratina, considerato quanto rugose sono le ossa del cranio di Carcharodontosaurus. Un piccolo corno di cheratina, la cui presenza è provata anche dai correlati, si trova in corrispondenza dello jugale. Le narici e le piccole aperture auricolari si trovano nella posizione corretta. La mandibola è articolata e la bocca si spalanca per rivelare al suo interno i denti curvi all’indietro che danno il nome all’animale – anche se quelli del GR Toys sono piuttosto smussati – e un palato molto simile a quello di un uccello attuale. Avrei gradito che le coane fossero più evidenziate, così come poteva essere scolpito qualche dettaglio in più sulla muscolatura all’angolo della bocca. Nel mio esemplare le mascelle non si serrano completamente ma restano separate di solo qualche millimetro prima dell’orbita, mentre nel modello fotografato da RobinGoodfellow_(m) – che ringraziamo per averci passato il materiale- si può osservare come la bocca rimanga visibilmente aperta. Il modello presenta labbra a coprire i denti quando le mascelle sono chiuse. La presenza di labbra nei teropodi è una questione spinosa, con esperti che si sono espressi in un senso e altri in quello opposto; diremo solo che i denti dei Carcharodontosauridae sono comunque proporzionalmente piccoli e quindi non sporgerebbero particolarmente neanche se il modello fosse sprovvisto di labbra. La punta della mandola, inoltre, non riprende esattamente la curva della mascella e questo particolare si nota abbastanza quando il teropode ha la bocca chiusa. Unito all’impossibilità di serrare totalmente le mascelle, potrebbe suggerire che sia meglio esporlo a bocca aperta, ragionamento che avevo fatto nell’osservare le prime foto circolate online, ma dal vivo devo ammettere che nessuno dei due dettagli si nota particolarmente.
Il collo è robusto e muscoloso – uno studio riporta che Carcharodontosaurus avrebbe potuto sollevare fino a 400 kg. Lungo il lato superiore corrono alcuni tubercoli arrotondati, che si arrestano in corrispondenza delle spalle. Pieghe di pelle corrono lungo i lati del collo, mentre la parte inferiore è liscia – probabilmente una necessità per non ostacolare l”articolazione della mascella, e texturizzare pesantemente l’area non coinvolta nel movimento avrebbe stonato. C’è poco da dire sul corpo di Carcharodontosaurus, data la scarsità di resti, e il modello GR Toys si rifà ad un generico Carcharodontosauridae di grandi dimensioni. Si può notare come il corpo non sia shrinkwrapped (sempre più ditte stanno abbandonando la tendenza di far apparire i propri dinosauri come se fossero mummificati, e questo è solo un bene), anche se – al tatto – è possibile distinguere sul torace i rigonfiamenti delle scapole. Lungo il corpo si ripete il pattern già visto sul collo: squame più grosse in corrispondenza delle spine neurali, fianchi ricchi di pieghe di pelle con squame – proporzionalmente – di medie dimensioni e un addome comparativamente liscio con squame piccole. Personalmente – date le spine neurali conosciute in Acrocanthosaurus, Tyrannotitan e Mapusaurus, avrei alzato un po’ la schiena di questo Carcharodontosaurus, ma evidentemente lo scultore GR Toys ha preferito un approccio più tradizionale. La visione dorsale è congruente al modello elaborato da Bates et al. a partire da Acrocanthosaurus.
L’unico Carcharodontosauridae di grandi dimensioni a presentare un arto anteriore completo è, di nuovo, Acrocanthosaurus, ma quanto conosciamo di Tyrannotitan e Mapusaurus conferma che erano tozzi e robusti, non molto più lunghi di quelli – spesso ridicolizzati – di Tyrannosaurus (ma comunque funzionali, se confrontate con quelle atrofizzate degli Abelisauridae). Terminano con tre artigli uncinati e sembrano ricoperte sul dorso – il “sembrano” è obbligatorio, per via del colore scuro degli arti e delle dimensioni del dettaglio – di scuti simili a quelli che si trovano sui piedi dei moderni uccelli (e che sono in realtà un tipo di piumaggio trasformato). Il dibattito sulla presenza di qualche struttura di piumaggio in Concavenator è ancora aperto (anche se l’ultima pubblicazione sull’argomento propende per il sì), e in definitiva non ci sono prove in un senso o nell’altro. Scuti simili a quelli degli uccelli invece sono certamente presenti sul piede, questi sì confermati da Concavenator – anche se personalmente trovo gli scuti un po’ troppo regolari, da struzzo, mentre trovo che una struttura più simile a quella di un emu sarebbe stata più congruente con quelli trovati in Concavenator. Ma queste sono minuzie. Sempre ispirandosi agli uccelli terricoli ultimamente ha preso piede il trend di smussare gli artigli dell’arto inferiore, che si sarebbero consumati durante la camminata. Difficile dire se fosse l’idea dello scultore GR Toys, perché gli artigli del piede destro appaiono più smussati di quelli del sinistro. La gamba è adeguatamente robusta, ma non avrebbe guastato uno stacco meno netto tra coscia e base della coda: lì si inserisce il caudofemorale, il più grosso muscolo dei rettili attuali e il generatore della spinta di questi animali: e direi che un Carcharodontosaurus da sette tonnellate aveva bisogno di spinta, per muoversi! In questo caso, la resa del modello PNSO è più apprezzabile. Chi segue le mie recensioni da un po’ sa che tra le mie ossessioni ci sono gli scuti trovati sotto la coda di Concavenator – e applicabili, per inferenza filogenetica, almeno a tutti gli Allosauroidea: purtroppo il lato inferiore della coda presenta le stesse piccole squame che si trovano sull’addome. Peccato. Sotto la base della coda si trova anche il marchio del produttore, piuttosto evidente dal lato destro – devo dire – tanto che ad una prima occhiata avevo pensato si trattasse della cloaca – che invece è assente.
La prima cosa che si pensa a guardare il Carcharodontosaurus GR Toys è: che bei colori! In effetti, pur non raggiungendo i livelli dell’intricata pittura delle foto promozionali – foto che hanno fatto dubitare più di una persona che si trattasse veramente di un modello prodotto in massa, perché erano a livello di un kit dipinto a mano da un artista – resta comunque spettacolare e su due piedi non mi viene in mente nessun modello – sia esso Papo, PNSO o altre ditte note per il dettaglio della colorazione – che lo raggiunga in maestosità. Alcuni hanno ritenuto la versione blu – o, come la chiamano questi detrattori, arcobaleno – troppo vivace, ma saranno soddisfatti da quelli che suppongo saranno i risultati della versione verde/arancio (al momento della scrittura di questa recensione non ancora commercializzata). Unico dettaglio che stona è una mandibola azzurro ghiaccio, contro il crema del lato inferiore, ma devo dire che dal vero non è minimamente fastidioso come avevo immaginato dalle foto online. Avverto inoltre che la pittura è molto delicata: il mio Carcharodontosaurus presentava già alcune sbeccature appena estratto dalla confezione, nonostante avessi acquistato la versione scatolata e si fosse presentato adeguatamente imballato. Il modello viene pubblicizzato in scala 1:35, in realtà esso si avvicina più ad 1:32 se lo si considera il neotipo, mentre qualora rappresentasse l’esemplare perduto di Stromer sarebbe in scala 1:29.
Il Carcharodontosaurus GR Toys è perfetto? No. C’è margine di miglioramento? Sì. Tuttavia, a chi desiderasse un modello di questo teropode africano mi sento di consigliarlo assolutamente: la sua presenza e il dettaglio della colorazione lo faranno spiccare in qualsiasi collezione.
Bibliografia:
Ibrahim N., Sereno P.C., Varricchio D.J., Martill D.M., Dutheil D. B., Unwin D.M., Baidder L., Larsson H.C.E., Zouhri S., Kaoukaya A. (2020) Geology and Paleontology of the Upper Cretaceous Kem Kem Group of eastern Morocco. ZooKeys. 928: 1-216
Henderson D. M., Nicholls, R. (2015) Balance and strength – estimating the maximum prey lifting potential of the large predatory dinosaur Carcharodontosaurus saharicus. The Anatomical Record. 298(8): 1367-1375
Stromer E. (1931) Wirbeltiere-Reste der Baharijestufe (unterestes Canoman). Ein Skelett-Rest von Carcharodontosaurus nov. gen. Abhandlungen der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, Mathematisch-naturwissenschaftliche Abteilung, 9: 1–23
deviantart.com/franoys/art/Carcharodontosaurus-Skulls-multi-view-639124200
deviantart.com/franoys/art/Carcharodontosaurus-saharicus-skeletals-MKlll-639149038
theropoddatabase.com/Carnosauria.htm#Carcharodontosaurussaharicus